Bitcoin sì, ma c'è altro: cresce il numero di monete virtuali che sbarcano sul mercato dell’economia digitale, sfruttando la popolarità e il codice sorgente del loro fratello maggiore, dalla filosofia rigorosamente open source.
Dal Bitcoin originario discendono altri strumenti di credito elettronico criptato, così tante da coniare persino un nuovo termine: criptomania.
Una febbre in grado di scavalcare il temuto rischio bolla, le folli fluttuazioni cui ci ha abituato la finanza online e anche le restrizioni ultimamente introdotte da molte banche indiane, francesi, cinesi e tedesche nella conversione delle bit-valute in soldi reali come euro, yen, dollari e sterline.
"Molto speculativo" e "rischioso" è il modo in cui la Bank of France ha bollato il denaro virtuale in una recente relazione.
L’obiettivo: scoraggiare i potenziali acquirenti.
Ottanta monete.
Ma tutto ciò non è bastato a frenare l’entusiasmo dei creatori di cripto-monete.
Sono ben ottanta le diverse valute digitali censite in un’inchiesta del Wall Street Journal, mentre un report della Cnn ha alzato a cento l’asticella delle presenze degne di nota.
Un boom d’imitazioni.
Alle già esistenti Worldcoin, Namecoin e Hobonickels, tra ottobre e novembre del 2013, si sono affiancate Gridcoin, Fireflycoin, Zeuscoin, Anoncoin e sì, anche Sexcoin che – si legge nell’homepage del sito ufficiale – ha lo "scopo di fornire a consumatori, produttori e attori di contenuti per adulti un metodo sicuro e veloce per accettare micro-transazioni, proteggere la privacy dei clienti, potenziare i servizi a luci rosse nella cripto-era".
L'ultima sarà lanciata l'11 gennaio.
Si chiama CoinYe West ed è un tributo al cantante americano, Kanye West. Mentre poco prima è stata la volta di Dogecoin: creata lo scorso novembre da Jackson Palmer e Billy Markus in omaggio al "Meme del 2013", una sorta di tormentone virale, con protagonista il faccione di un cane di razza Shiva.
Il suo valore, corrispondente a 0.00023 dollari, è ancora basso.
Ma la nuova moneta, con cui si possono già fare transazioni, è diventata popolare grazie all'attiva comunità su Reddit, il sito di notizie social.
Tanto da far gola ai pirati informatici che, in accordo al blog ufficiale, il giorno di Natale hanno rubato circa dodicimila dollari.
CoinYe West e Dogecoin non sono la sola novità.
Basta visitare il sito CoinMarket che tiene traccia delle nuove valute per farsi un'idea del panorama.
Nuove economie digitali.
"L’idea è creare un’economia a sé stante", commenta a Repubblica.it Alessandro Longoni, membro di CashlessWay, l’associazione nata per promuovere la cultura dei pagamenti digitali.
"Bitcoin è stato il primo a gettare le basi in questa direzione e ha avuto il merito di promuovere un nuovo modo di vedere le cose".
È il 2009, quando una persona, o un collettivo, nascosto dietro lo pseudonimo giapponese di Satoshi Nakamoto, pubblica in rete il documento alla base di quella che secondo i più progressisti sarà la moneta del futuro, o più realisticamente un metodo "promettente nel lungo periodo, per sistemi di pagamento più veloci, sicuri ed efficienti", come ha suggerito il governatore della Fed, Ben Bernanke.
"Una versione – scrive Nakamoto nel suo manifesto online – del contante elettronico puramente peer to peer che consente lo scambio di denaro online da un utente all’altro senza passare attraverso un’istituzione finanziaria", senza intermediari che rallentino il processo né aggiungano spese.
Addio monete di carta, sostituite dalle digitali, e addio banche, quindi, è la soluzione proposta dal misterioso Nakamoto; benvenuti invece coloro che in gergo sono stati definiti miner, minatori in italiano, cioè utenti in grado di produrre soldi virtuali grazie a computer, dall’enorme potenza di calcolo, capaci di risolvere complicati problemi matematici.
A regolare l’emissione delle valute non c’è alcun organo centrale.
È il singolo internauta che, nel rispetto di un determinato limite di liquidità - per i Bitcoin fissato a 21 milioni di dollari, di cui si stima ne sia in circolazione la metà - può battere moneta, purché abbia un software adeguato.
Una rivoluzione.
Da qui il successo.
Secondo Forbes, il 2013 è stato l’anno della moneta virtuale creata quattro anni fa da Nakamoto, sempre più diffusa negli store online - da Bitcoinstore ad Agrobit.net - e in grado di sostituirsi al portafogli dentro alcuni negozi fatti di calce e cemento.
Una tendenza iniziata oltreoceano, da poco arrivata in Italia, dove a novembre si è costituita la Bitcoin Foundation, società no profit con lo scopo di diffondere l’adozione della nuova moneta, già usata per saldare corsi di Yoga e vacanze in montagna.
Ora sembra il momento dei suoi sosia. Dal blog high tech Mashable, al sito del Guardian: sono in tanti a voler stilare una classifica delle più importanti valute che costituiscono una valida e diversa scelta per chi al momento vuole affacciarsi al mondo dell’economia digitale.
Andreas Antonopoulos, consulente di diverse startup basate sui Bitcoin, lo definisce un vero ecosistema che ha due scopi: "Il primo è testare nuove tecnologie, rivelare come funzionano e se il mercato è in grado di accettarle.
Il secondo è dimostrare clamorosi fallimenti".
Il modo per usarli è sempre lo stesso: si possono scaricare gli appositi software, aprire un portafoglio virtuale con cui inviare e ricevere i soldi, dopo averli comprati grazie a determinate piattaforme online, oppure minati.
Come i Bitcoin, anche i fratelli minori si basano su due princìpi fondanti: il peer to peer, cioè un sistema di scambio dei file in rete che non usa un server centrale, ma collega i pc direttamente tra loro.
E la crittografia a chiave asimmetrica.
Che cosa cambia?
Per lo più il modo di minarli, quindi di tracciare le transazioni e produrre moneta.
Nel caso dei Litecoin, la seconda valuta virtuale nata nell’ottobre 2011 dal mouse del californiano Charles Lee, a variare è il sistema di protezione, Scrypt, e l’algoritmo di mining capace di processare un blocco di dati ogni due minuti e mezzo.
Contro i dieci dei Bitcoin.
Inoltre, il tetto di liquidità è fissato a ottantaquattro milioni, a fronte dei ventuno previsti dalla moneta di Nakamoto.
Ma sono anche altre le modifiche possibili: c’è l’algoritmo del Peercoin che punta a un basso consumo energetico; quello che punta a scoprire nuovi numeri primi, Primecoin; e quello che offre una maggiore velocità nella conferma della transazione come Freicoin.
Una caratteristica, quest’ultima, comune a Ripple, altra moneta virtuale, che per velocizzare il sistema si serve di un registro chiamato Ledger per monitorare gli scambi.
Quale futuro allora per tutte queste valute?
"Il 99 per cento – assicura Antonopoulos – scomparirà".